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La relazione tra soldi, ricchezza e progresso spirituale sembra caratterizzata da un inconciliabile antagonismo che produce molti conflitti nelle persone più dedite alla crescita interiore, spesso al verde o comunque con importanti difficoltà finanziarie.
Parlo anche per esperienza diretta. In quanto questo conflitto si è protratto in me per decenni, fino a che non ho trovato un equilibrio interiore tra questi due aspetti dell’esistenza.
Da dove nasce il conflitto tra soldi e spirito?
Da una parte c’è una difficoltà ad accettare di essere remunerati adeguatamente quando si opera nell’ambito del benessere e della cura degli altri (ad es. quando si tratta di trattamenti olistici, meditazione, counseling, formazione nella crescita personale, e così via).
Addirittura c’è chi pensa che questo tipo di attività debba essere sempre svolta gratuitamente…
Dall’altra c’è proprio un condizionamento alla povertà e alla demonizzazione della ricchezza.
Non a caso, nel Vangelo di Matteo, Gesù afferma: “È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio” e anche: “Non potete servire a Dio e a Mammona” (Mammona, in aramaico, è la ricchezza materiale nella sua accezione negativa).
E anche nella Bhagavad Gita, il vangelo indù, viene riportato: “Tre sono le porte dell’inferno che portano alla distruzione del bene dell’anima: lussuria, collera e cupidigia [quindi la brama di beni e ricchezze]. Perciò, l’uomo deve abbandonare queste tre.”
Quando la Ricchezza è nemica della Spiritualità?
Il vero ostacolo al progresso spirituale non consiste nel possedere molti soldi, ma nell’attaccamento ad essi e nell’identificazione con lo status di “persona ricca”.
Il problema, infatti, sorge quando la ricchezza viene utilizzata come senso di identità e quando traiamo dalla nostra storia personale la percezione di avere un valore in virtù del possedere molti soldi.
N.B. Sul problema dell’usare la propria biografia per creare un senso di identità può essere molto utile approfondire gli insegnamenti di Eckhart Tolle.
Ecco, potremmo dire che questo è “demoniaco”. Questo è il peggior utilizzo che potremmo fare dei soldi.
E siccome più soldi si possiedono e più diventa facile per l’ego attaccarcisi e trarne un senso di identità… ecco che in passato l’aver molti soldi è stato demonizzato!
Ma se approfondiamo la questione, ci si accorge facilmente che è altrettanto facile identificarsi con lo status di “persona povera” e con la percezione di non avere un valore nel caso si abbiano pochi soldi. Alla fine, non cambia nulla. ‘errore spirituale è il medesimo, semplicemente la persona ricca avrà meno problemi materiali e la persona povera ne avrà di più.
Non sono affatto sicuro che una persona povera riesca ad abbandonare il proprio ego con più facilità della persona ricca. Se ci riflettiamo bene, vediamo come noi stessi/e siamo attaccati/e ai nostri limiti e ai nostri difetti. E proprio per questo è così difficile cambiare verso condizioni di vita migliori e molte persone non riescono mai ad uscire dalla propria “zona di comfort”.
In sintesi, la ricchezza non si allinea con la spiritualità quando:
- ci attacchiamo al denaro con avidità e paura;
- misuriamo il nostro valore dall’averne di più o di meno;
- pensiamo che possa essere la fonte della nostra felicità;
- siamo in eccitazione nel guadagno e ci disperiamo nella perdita (l’equanimità di fronte alle circostanze apparentemente propizie o avverse è un’ottima misura del grado di evoluzione spirituale);
- pensiamo davvero che ci appartenga (quando in realtà nulla ci appartiene, siamo solo ospiti di passaggio);
- lo usiamo in modo egoistico, distorto, non etico e competitivo.
La Dea Lakshmi, della Ricchezza materiale e spirituale
Che cosa insegna la vera spiritualità?
Gli insegnamenti spirituali più autentici (dal Vedanta al Cristianesimo delle origini) affermano che il problema della deconnessione con il proprio Sé più autentico, o Atman, sia proprio il considerarci un ego personalistico, un’entità separata dal Tutto.
Invece di “identificarci” con l’Assoluto (l’Atman, il Brahman, il Divino, la Vita, la Pura Coscienza) ci identifichiamo con un piccolo io che pensa di esistere separatamente dal resto. Come fossimo un’onda, o una goccia d’acqua oceanica, che pensasse di essere altro dall’oceano stesso!
Questo è il senso del concetto di “peccato”, cioè dell’uscita dal Paradiso: dallo stato di Unità si entra (almeno in apparenza) nella dualità. Il senso di identità personale e di separazione perpetua il samsara, il ciclo di morti e rinascite.
Nel Vangelo di Tommaso si legge a questo riguardo: “Quando farete in modo che due siano uno, e farete sì che l’interno sia come l’esterno e l’esterno come l’interno, e l’alto come il basso, e quando farete del maschio e della femmina una cosa sola (allora entrerete nel Regno)”.
Risvegliarsi significa tornare consapevoli della propria unità/identità con il Tutto!
La percezione dell’ego a quel punto si dissolve. Ma questo non significa che non saremo più in grado di gestire i compiti del quotidiano, in realtà lo faremo in modo addirittura migliore. Solo non ci sarà più identificazione egoica.
Invece di credere a “ciò che non è”, saremo in grado di vedere finalmente “ciò che è”!
A questo punto, penso possa essere comprensibile come la ricchezza, in persone non preparate spiritualmente, possa diventare ulteriore oggetto di oblio del vero Sé e di identificazione con il piano materiale.
Ricchezza e Spiritualità possono essere conciliate?
Ricchezza e spiritualità possono, quindi, non collocarsi agli antipodi, ma affinché questo accada è necessario un costante lavoro su di sé e sulla propria autoconsapevolezza.
Un esempio illuminato di questa possibile riconciliazione ce lo fornisce il Re Janaka, antico sovrano di Mithila (l’attuale Janakpur, in Nepal). Janaka governava su un regno florido ed era molto ricco e potente. Allo stesso tempo era anche un jivanmukti, un essere realizzato in vita, una persona completamente risvegliata al proprio Sé.
Una tra le più potenti chiavi di Realizzazione Spirituale, infatti, è il distacco dai frutti delle proprie azioni e la non identificazione con ciò che si possiede. Ovviamente è più facile a dirsi che a farsi…
Un altro esempio illuminante è quello di Rajarsi Janakananda (al secolo James Jesse Lynn). Era sia un imprenditore milionario di grande successo, sia il discepolo più avanzato di Yogananda e suo successore nella guida della Self-Realization Fellowship.
Sviluppo Integrale del Potenziale Umano
Se trattiamo la questione dal punto di vista dello “Sviluppo Integrale” ecco che diventa ancora più chiaro perché la ricchezza non vada considerata negativamente, mentre si porta avanti un percorso spirituale.
Al fine di sviluppare appieno il proprio potenziale, infatti, servono soldi per la formazione e per acquistare i beni materiali necessari nel proprio percorso (oltre che per non essere angosciati dalle necessità di mera sopravvivenza), possono, inoltre, servire soldi per viaggiare e conoscere nuove realtà, .
Nella piramide colorata riportata qua sotto hai una visione semplificata dello Sviluppo Integrale, ma puoi già vedere come la materia e lo spirito siano in continuità tra loro e come la materia sia la base dell’intera piramide.
Un po’ come nella “Piramide dei Bisogni” di Maslow, dove ci sono i bisogni fondamentali (sopravvivenza e sicurezza) e poi i bisogni di ordine superiore (appartenenza, stima, autorealizzazione). Se non si appagano i bisogni più basici, diventa molto difficile appagare, completare e anche solo aspirare, ai bisogni più elevati.
Il fatto di fare un percorso spirituale non significa necessariamente sconnettersi dalla materia e non significa rifiutare di avere soldi in abbondanza per sostenere il nostro cammino e anche per aiutare gli altri e tutte le cause a cui teniamo di più.
Il problema vero non sono i soldi, non è la ricchezza ma è l’attaccamento, l’identificazione con ciò che la ricchezza ci apporta.
Nel libro “La Via della Ricchezza”, Salvatore Brizzi ipotizza addirittura che la ricchezza deve essere intesa come un dovere, un servizio all’umanità, più che come un diritto o un piacere.
Vibrare nella ricchezza, nella serenità e in uno stato di appagamento e soddisfazione costituirebbe il buon dovere di ogni cittadino/a, che sarà poi da esempio per tutta la propria famiglia e per la collettività.
Sviluppa il Pensiero Inclusivo
Per concludere vorrei sottolineare l’importanza del pensiero inclusivo rispetto al pensiero esclusivo, che tende a separare e limitare. Mentre il pensiero esclusivo afferma “o-o”, infatti, il pensiero inclusivo concepisce “e-e”/“sia-sia”.
In una visione olistica (globale) ed evoluta sulla nostra realtà quotidiana, non c’è alcuna ragione di contrapporre soldi e spirito, ricchezza e bontà.
» TU PUOI ESSERE SIA RICCA/O SIA SPIRITUALE!
» TU PUOI ESSERE SIA RICCO/A SIA BUONO/A.
Foto di copertina: https://pixabay.com e https://pxhere.com
Dott. Nicola Saltarelli
Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1998 a Pisa, si è dedicato prima alla Medicina Olistica e poi alla Formazione nella Crescita Personale. Porta avanti una propria ricerca personale e spirituale dal 1990 e oggi, con il progetto dello “Sviluppo Integrale”, presenta la sintesi di 30 anni di studi e sperimentazioni per una completa realizzazione personale (vedi qui).